Si direbbe che per Jonathan Coe il momento in cui si decide il destino di un individuo non sono i primi anni di vita, come suggerisce la psicoanalisi, ma quella sconfinata adolescenza e quel perpetuo fuoricorso che cominciano subito dopo aver lasciato il liceo e la famiglia e che corrispondono al vegetare dentro il calore debole ma protettivo di un'università di provincia, seguendo la trafila delle sessioni, degli esami, della laurea, di una tesi di dottorato sempre da scrivere e mai scritta. Robin si è laureato a Cambridge, ma da oltre quattro anni sta preparando il dottorato a Coventry, cittadina rasa al suolo due volte, prima delle bombe tedesche poi dall'ultra liberismo della signora Thatcher. Un male oscuro sembra consumarlo, forse il ricordo di un amore lontano e mai dichiarato che tortura come il primo giorno. Intorno a questo "male" e alla misteriosa tesi di dottorato di cui nessuno ha visto un rigo, monta un clima di catastrofe imminente. Basterebbe un "tocco d'amore", forse. Forse l'amore non basterebbe. Ma è proprio lì che Robin si scopre muto, impotente. Jonathan Coe tesse in questo suo secondo romanzo i primi fili di quell'immensa tela che sarà "La famiglia Winshaw".
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