Il manganello disegnò un semicerchio, fischiando, e finì dritto sulle labbra di Marchino con uno schiocco secco, tuc!, che gli fece sentire il sapore amaro della plastica prima ancora di quello dolciastro del sangue. Marchino fece tre passi indietro, sbattendo la schiena contro la rete di metallo che divideva in due la curva sud, aggrappandosi alle maglie per non cadere, si passò la lingua sotto le labbra gonfie e gli sfuggì un gemito quando si graffiò con un dente rotto. Allora aprì gli occhi e se lo vide davanti, il celerino, con il casco, la visiera alzata e il manganello, che tendeva la mano guantata per prenderlo, e quando lo afferrò per la manica del bomber, proprio sulla celtica con sotto scritto Italia Skinhead, Marchino si abbassò svelto, tirò fuori il coltello dalla tasca e lo spinse in avanti, mentre la lama usciva di scatto, nel fianco grigio. Il celerino aprì la bocca, in un sospiro corto troncato da un singhiozzo, e cadde in ginocchio sul cemento caldo dello stadio, con un contraccolpo che gli fece scendere di schianto la visiera.