Dizionario affettivo della lingua ebraica è l'esordio narrativo di Bruno Osimo, studioso e docente di traduzione. In ebraico papà si dice 'aba'; dunque, nemmeno a farlo apposta, la prima voce è papà. Da qui in poi ogni voce è un appiglio, una lente, uno specchio della storia di Bruno. Tra zii fuggiti in Inghilterra e in America durante la Catastrofe, calzini spaiati, piaceri e dispiaceri della carne, cammina Bruno senza bussola nel mondo, finché non scopre che la lingua parlata da sua madre, e spacciata per italiano corrente, è in realtà mammese, o tampònico: una lingua che non descrive la realtà come appare, ma come apparirebbe se non facesse paura, se non mettesse in imbarazzo, se non suscitasse emozioni. Cominciare a tradurre dal mammese salva la vita a Bruno e gli insegna l'arte della differenza, la difficoltà di comunicarla; l'arte di adattare e di adattarsi. Si trasforma così in un traduttore alfiere: indomito, sempre in servizio. Alle prese con paure improvvise ma dotato anche di risorse segrete: per esempio una mano morbida e asciutta che a volte lo protegge quando vede le cose brutte davanti a sé. È la mano che suo padre gli metteva sugli occhi e sulla fronte quando, facendo spese il sabato mattina, il macellaio alzava la mannaia. L'audiolibro, letto dall'autore, è realizzato da Marcos y Marcos per la collana AudioMarcos.
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