Einar Már Guðmundsson – Angeli dell’universo (2018) MP3 - 64 kbps
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“Il giorno in cui sono nato è una data storica: mi hanno dato il benvenuto con lanci di sassi e di gas lacrimogeni”. È il 30 marzo 1949, il giorno in cui l’Islanda, fra contestazioni e polemiche, ha aderito alla NATO: ci sono scontri, da ogni parte si levano colonne di fumo, “simili a quelle che Ingolfur, il primo colono dell’isola, si vedeva intorno, mentre cercava un nome da dare al posto”. Quella stessa mattina la madre ha uno strano sogno: i futuri quattro figli le appaiono come quattro cavalli che galoppano su un prato; ma uno, di colpo, si mette a girare in tondo fino a stramazzare al suolo. Come nelle antiche saghe, sogni e segni premonitori preannunciano per Páll, fin dalla nascita, un destino diverso. E come nelle fiabe, un veggente si china sulla sua culla con una profezia: “Su questo bambino vegliano gli angeli”. Ma non è una fata-madrina che può salvarlo dalla maledizione, è Baldvin, uno dei tanti pazzi che gli saranno compagni, quello che ha trovato l’acqua della vita nel suo giardino e che sa dagli spiriti di essere re d’Inghilterra. È Páll stesso che racconta la propria storia, e la racconta dopo che un giorno d’estate ha deciso di prendere “congedo dalla casa della solitudine e da questo mondo terreno”. Ma anche da quel privilegiato punto d’osservazione che gli dà la morte, da cui può ricordare tutto e ridere, non arriva a comprendere i perché. Può raccogliere i fili sparsi delle sue esperienze, rivivere l’infanzia nel “paradiso terrestre” del cortile di casa, le scorribande con gli inseparabili compagni, le amicizie, gli incontri, gli amori, e ricostruire il tracciato di tutte quelle esistenze che si sono intersecate con la sua. Può scoprire che tutte le vie percorse non facevano che portarlo a Kleppur, l’ospedale psichiatrico dove, come in un castello dei destini incrociati, in un modo o nell’altro si rincontrano tutti i personaggi. Ma neppure agli angeli dell’universo è dato di capire dov’è quel bivio fra normalità e follia in cui alcuni continuano diritti, mentre altri si ritrovano “sempre alla casella di partenza, sempre al capolinea, con la solitudine come professione”.
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