Valerio Guerra è un ragazzo invecchiato precocemente. Laureato in Archeologia, si è ritrovato a rincorrere una serie di stage non pagati in giro per l’Italia e ad essere silurato alla Scuola di Specializzazione. All’alba dei trent’anni la vita gli ha portato via un padre e tutti i sogni di gioventù. Si ritrova disoccupato, senza un soldo, a sopravvivere in un paesino disteso sulle rive del Lago Maggiore. Per sbarcare il lunario fa i più svariati lavori, che di solito si risolvono in contratti di pochi mesi, e con un paio di amici fidati svuota le cantine delle ville della sponda lombarda, rivendendo quello che è ancora in buono stato nei mercatini della zona. A tempo perso lavora anche come detective in nero, senza licenza: casi di corna, per lo più, o liti tra vicini di casa. Valerio non vive, sopravvive, e la sua unica gioia è osservare il suo gatto, Robespierre, che governa il loro piccolo appartamento come se fosse una magione vittoriana. Finché un giorno René, commissario di polizia e vecchia conoscenza del padre di Valerio, gli mette sotto il naso la foto di un anello longobardo e il caso di omicidio ad esso collegato. Da quel momento il ragazzo si ritroverà invischiato in una rete di omertà, silenzi e violenza che pulsa sotto la superficie della provincia sonnolenta come una rete di organi cancrenosi: un nido di vespe in cui convivono politica, imprenditori e polizia, nel quale Valerio Guerra proverà suo malgrado a mettere le mani.
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