Augusto De Angelis - L'impronta del gatto (2023)
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La chiave girò nella serratura con un rumore di ferro grattato e il portone si aprì. La casa era vecchia e la serratura anche. L’uomo varcò la soglia e i suoi passi risonarono sotto l’androne. Dietro di lui, il portone batté. Appena nel cortile, dovette dare un calcio a un gatto, che gli era saettato fra i piedi. — Maledetti! La luce della lampada, sotto il porticato, lo illuminò, facendogli luccicare sullo sparato il brillante del bottone. Per quanto fosse un novembre freddissimo, portava la pelliccia aperta e andava senza cappello. I capelli castani erano ondulati e lucidi. Anch’essi alla luce brillavano. Quando fu sotto il secondo androne, per entrare nel terzo cortile, si fermò di colpo. Un leggero fischio gli uscì dalle labbra sottili, ornate di due baffetti a coda di topo. C’era un uomo disteso a terra, proprio a sbarrargli il passo. Non pensò neppure un istante che potesse trattarsi di un ubriaco, perché aveva veduto qualcosa di rosso che gli rigava il volto. L’uomo stava supino e il sangue gli era uscito da un foro nero, in mezzo alla fronte, e gli era colato fin sul petto.