C'è gente che mi ha sempre considerata per gli anni terribili passati nei cosiddetti manicomi. A volte, cambiando la prospettiva, io li ho definiti anni esilaranti, perché vicino al macabro e all'estrema follia esiste anche la perdita della memoria individuale, ma non la perdita di spirito. E infatti nei manicomi spesso si consuma alcool.
Devo confessare che ad aprirmi le porte del manicomio è stata la lettura delle vicende di Fantozzi narrate da Paolo Villaggio. Quelle grosse risate fatte sotto le coperte mi hanno salvata, così come altre risate probabilmente hanno salvato dalla follia molti altri pazienti. D'altra parte la tragedia è sempre al confine con l'ilarità.
Non conosco personalmente Flavio Origlio, ma - attraverso la lettura delle sue «poesie catartiche» - credo di aver capito la sua sensibilità. Solo un uomo dal gusto sottile poteva capire il genio marginale ma profondo della comicità. E credo che Origlio abbia scoperto, a sua insaputa come succede di solito ai geni, il confine fra verità e sogno.
Il suo è un vangelo del risibile, un aiuto per tutte quelle persone che ogni giorno muoiono sulla croce del vivere quotidiano senza neppure sapere il perché.
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