Si può dire che questo singolarissimo romanzo cominci là dove finisce il Candide di Voltaire, cioè con le famose parole del protagonista: «Bisogna coltivare il nostro giardino». Il protagonista di Presenze, che porta il nome di Chance, cioè caso in inglese, non ha mai fatto altro, appunto, da quando ha nozione di se stesso, che coltivare il proprio giardino; anzi, da questo giardino non è mai uscito, e conosce il mondo solo attraverso le immagini violentemente astratte e schematiche della televisione. Ma la morte del suo benefattore lo spinge di colpo proprio verso ciò che ignora verso le strade che si stendono e gli uomini che vivono al di là dell'alto muro di mattoni rossi che, finora, ha costituito il suo orizzonte. E qui hanno inizio le strabilianti avventure di un uomo che «dovrebbe essere» un disadatto, un diverso, un emarginato cronico, e che invece grazie alla sua totale, radicale ignoranza di tutto, che viene scambiata per raffinata reticenza e per sublime saggezza — conosce la più impetuosa fortuna sociale, sino a diventare, o a esser creduto, consigliere speciale del Presidente degli Stati Uniti d'America.