Piccola apocalisse è un libro sull’approssimarsi della fine del mondo, tema che Konwicki finge di voler “sterilizzare” riconducendolo a una dimensione intima, quella del protagonista del libro, mentre nei fatti oggetto della sua attenzione è quel mondo che sembra andare (o essere già andato) in frantumi sia di qua che di là dal muro. Protagonista del romanzo è uno scrittore che ha da tempo perso la fiducia nella parola scritta e guarda alla vita con disillusione: nulla sembra avere significato, agire è compiere azioni stereotipate, vivere è camminare sulle macerie di una guerra (la seconda guerra mondiale) che ha spazzato via tutto quello che ha incontrato sulla sua strada: cultura, moralità, principi, idee… precipitando l’umanità indietro di secoli, facendo regredire l’uomo a ominide. Si vive obbedendo ad un Destino che non si riesce a comprendere, accettando quello che accade con rassegnazione, magari concedendosi l’unico svago di giocare con l’idea della morte, assaporandone con la fantasia il gusto dolce e amaro, come fa lo scrittore al centro della trama. Per questo quando una mattina bussano alla porta due suoi sodali, appartenenti agli ambienti dell’opposizione, e gli chiedono di farsi interprete di un gesto dimostrativo e darsi fuoco alle otto di sera davanti all’edificio del Comitato Centrale del partito, lo scrittore non trova ragioni valide per non farlo e da quel momento inizia la sua piccola apocalisse, una Via Crucis tra le strade di Varsavia in attesa che arrivi l’ora designata per immolarsi in nome di qualcosa nel quale probabilmente ha smesso di credere da tempo. "