Alle cinque e mezza in punto di tutte le mattine - d'inverno o d'estate, con il gelo o la calura - il professor Ovidio Decimofiglio usciva di casa per la solita passeggiata verso il Parco del Pagano, irrinunciabile rituale introduttivo delle sue giornate. Accessoriato come sempre di cappello, bastone e panciotto completo di "cipolla" d'acciaio con catenina d'oro, da tredici anni l’elegantissimo uomo chiudeva con la stessa forza, ogni volta, il grosso portone in mogano dietro di sé ed inciampava inesorabilmente sull’unica mattonella rialzata - fra mille perfette - del lungo marciapiedi di Corso Terzullo, intralcio posto proprio a tre passi dall’entrata del signorile palazzo condominiale in cui abitava. Quindi s’avviava alla sua destra - a testa bassa - fino a Piazza Corta, snodo centrale del paesino di San Priore, e da lì, imboccando Via Travella e la scorciatoia di Vicolo del Voglio, raggiungeva i vicini giardinetti municipali del "Pagano" che distavano, con tale accorgimento, poco meno d’un paio di chilometri da casa sua.