Era il 17 settembre 1916 quando il dottor Bomgard e il suo vetturino, dopo ventiquattro ore di viaggio, giunsero all'ospedale di Mur'e; ad attenderli vi era un clima rigido e una campagna desolata; tutto intorno regnava il silenzio. Le uniche persone ad accoglierli furono il guardiano, Egoryč, sua moglie, nonché domestica, Aksin'ja, l'infermiere diplomato, Dem'jan Lukič, e le due ostetriche, Pelageja Ivanovna e Anna Nikolaevna. Dopo un giro di perlustrazione dell'ospedale e della sua residenza, il dottore rimase sorpreso dal "ricchissimo strumentario" e dalla farmacia, di cui disponeva la struttura, e dalla libreria molto fornita presente nel suo studio: tra sé e sé riconobbe di ignorare l'esistenza di molti di quegli strumenti, così come di medicinali e libri. I suoi nuovi compagni gli spiegarono che tutto ciò era opera del suo predecessore, il dottore Leopol'd Leopol'dovič. Bomgard ben presto intuì che quel medico per tutti loro era un idolo, una persona dalle capacità straordinarie. Ormai sera, nella sua residenza, il dottore cercava di ambientarsi; qui però iniziarono a sorgergli mille dubbi, paure, insicurezze. Pensava a cosa avrebbe dovuto fare in caso di ernia o appendicite o crup difterico, a come avrebbe dovuto curarlo, a come si sarebbe dovuto comportare. Di fronte a ciò, "una voce severa" nel suo cervello lo ammonì dicendogli: "Hai voluto la bicicletta, e adesso pedala".