I testi sulla rivoluzione russa e sugli avvenimenti immediatamente successivi ubbidiscono, grosso modo, a una suddivisione fondamentale: da una parte memorie, diari, reportages, autobiografie; dall’altra saggi, studi, opere vaste e minuziose basate e sulle testimonianze dei protagonisti e, in maniera determinante, sulle ricerche d’archivio come i lavori fondamentali del Chamberlain e, soprattutto, del Carr. Attraverso questo lavoro di rielaborazione dei dati e dei fatti, lo storico cerca una visione unitaria degli avvenimenti, anche se la soggettività dell’interpretazione, imprescindibile e d’altronde spesso fruttuosa, impedisce l’assoluta « obiettività ». Di solito l’interpretazione offerta dal testimone è assai più parziale di quella dello storico, e difficilmente può superare i limiti della concitata chiarezza di John Reed nei Dieci giorni che fecero tremare il mondo , o l’impeto romantico di Isaac Babel nell’Armata a cavallo, o l’orgoglio partigiano del generale Tjulenev in Proletari a cavallo . Ma se il racconto del testimone manca di metodo, non vi si perde, come troppo spesso accade negli studi condotti a posteriori, il senso di quella che Lenin chiamò la « gioia rivoluzionaria ».