Roberta Ciuffi - Trilogia dei Buatère Vol. 1. Tra le tue braccia (2024)

Roberta Ciuffi - Trilogia dei Buatère Vol. 1. Tra le tue braccia (2024)

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Dopo anni passati al comando di masnade di mercenari al servizio di uno o l’altro dei suoi altolocati parenti, Eric Buatère, della casata normanna dei Drengot Quarrel, è finalmente riuscito a ottenere quello cui ambiva: un titolo, delle terre su cui costruire la sua dinastia. Ma tutto sembra precipitare quando, in preda alla febbre, suo nipote Arno rapisce una strana monaca trovata nel bosco. La scoperta che si tratti di Bianca di Castellana, figlia del conte di Castellana e futura promessa del figlio del principe di Capua, non fa che prefigurare un futuro disastroso per la Pietraia, la cittadella che Eric sta faticosamente costruendo, e la sua gente. Per Bianca quello non è che un altro dei colpi che il destino ha riservato per lei. Sette anni prima è stata ritenuta colpevole della morte di Lando, suo fratello ed erede del contado, travolto da una fuga di mercenari a cavallo. Da allora è stata rinchiusa in convento, convinta che la sua vita fosse finita, finché la liberazione non è arrivata con la notizia di essere stata scelta per essere la sposa del figlio del principe, in un’alleanza tra le due famiglie. E poi, un pazzo la rapisce e la trascina in una cittadella fatiscente al comando di un oscuro barone dai freddi occhi calcolatori. Sembra che ci sia un solo modo per salvare lei dal convento e la cittadella dalla possibile distruzione: Arno deve riparare al malfatto sposandola. Per Bianca sarebbe pur sempre una via d’uscita, non fosse che l’incontro con quei freddi occhi verdi provoca in lei sensazioni inspiegabili, tra riconoscimento e... desiderio? Che esista un altro modo per aggirare i colpi del destino? Seppure il destino sia disposto a farsi aggirare... «No, non potevo» ammise infine Eric, decidendosi per la verità. «Non potevo sopportare il pensiero che lei avrebbe trascorso la sua vita sotto il mio tetto, nel letto di un altro uomo. Di doverla guardare ogni giorno, attraverso una stanza, o dall’altra parte della tavola, senza toccarla, sapendo che apparteneva a mio nipote.»