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L’ultimo scorcio del 1700 vede l’Argentina, ancora colonia spagnola, impegnata nella lotta per l’indipendenza. I sintomi indipendentistici, che erano fermentati con Manuel Belgrano e Mariano Moreno, maturano definitivamente durante l’era napoleonica. L’Argentina è ancora un vicereame della Spagna, quando viene attaccata dagli inglesi, ma negli anni 1806-07 gli spagnoli fanno ben poco per difendere i loro possedimenti di oltremare. Sono gli argentini, quegli stessi che intendono staccarsi dalla Spagna, a difendere la loro terra contro l’invasore e a battere gli inglesi. La vittoria contro le preponderanti forze nemiche incoraggia i patrioti a tentare il passo definitivo: il viceré spagnolo, Baltasar Cisneros, colpevole di avere aperto i porti alle navi inglesi e portoghesi, viene destituito, e al vicereame di Rio de la Plata (questo era il nome ufficiale dell’Argentina) subentra la Giunta governativa provvisoria del Rio de la Plata. In effetti è il distacco definitivo dalla Spagna, la quale non riuscirà più a riprendere il controllo dell’ex colonia. Amministrare il paese, comunque, non è facile. Sorgono presto insanabili contrasti ideologici tra il conservatore Cornelio Saavedra, uno degli organizzatori dei moti indipendentistici e presidente della giunta provvisoria, e il democratico Mariano Moreno, segretario della stessa giunta e ministro della guerra. Il primo sostiene una politica unitaria e accentratrice del governo centrale, Moreno è per la tesi federalista delle Province. In seguito a questo conflitto, Moreno si dimette, ma la lotta tra federalisti e unitari continua, nonostante la proclamazione dell’indipendenza, dopo il congresso di Tucuman, nel luglio del 1816, e la promulgazione di una costituzione demo-liberale.
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