Nel 1943, appena sedicenne, Kazuo Ōdachi si arruola nell’aviazione della Marina militare imperiale giapponese con il sogno di diventare un pilota di caccia. Solo un anno dopo, tuttavia, viene inaspettatamente assegnato alla tokkōtai, l’unità d’attacco speciale suicida, un gruppo di aviatori la cui missione è schiantarsi con il proprio aereo munito di una grossa bomba contro le navi nemiche. Lo slogan è: «Dieci morti, zero vivi». Memorie di un kamikaze non è una cronaca di guerra, né il frutto di una ricerca d’archivio: è la testimonianza in viva voce di un uomo miracolosamente sopravvissuto alla missione cui era stato destinato. Dopo aver custodito per oltre settant’anni il segreto del proprio passato, infatti, Ōdachi ha scelto di fare luce su uno dei capitoli più oscuri della storia giapponese e di raccontare senza reticenze il dramma di ragazzi spesso minorenni e alle prime armi cui venivano impartiti ordini da parte di ufficiali che non erano mai chiamati a risponderne. Facendo affidamento sul ricordo vivido e puntuale di quel periodo, Ōdachi ripercorre le difficoltà dell’addestramento, l’attesa consapevole della morte, il trauma, infine lo sconcerto e il disorientamento nell’apprendere che la missione è stata annullata in seguito alla resa finale del Giappone. In un racconto liberatorio che impressiona e commuove, Kazuo Ōdachi alza il velo sull’orrore che i libri di storia, fino a oggi, non avevano mai potuto raccontare.
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