Tacito - Tutte le opere (2013)
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La vita di Publio Cornelio Tacito è avvolta dalla nebbia: non abbiamo certezze né sulle date né sugli incarichi di governo che rivestì né sui luoghi dove soggiornò; ma, anche se le sue opere non ci sono giunte complete, sappiamo di dovere a lui l’affresco storico più poderoso concepito in epoca imperiale. La sua ricostruzione si svolge dalla morte di Augusto all’avvento di Tiberio negli Annales; dalla morte di Nerone a quella di Domiziano nelle Historiae, scritte prima degli Annali. A queste e alle opere minori, raccolte nel volume, egli affida la visione lucida e dolente di un mondo che non può fare a meno di Roma – perché Tacito non intravvede la possibilità di un altro assetto sociale e politico che non sia il dominio romano – insieme allo sdegno e all’amarezza per essere costretto a constatare e a registrare per i posteri gli orrori e le mostruosità cui il potere (che contrappone alla virtus repubblicana) sembra inevitabilmente condurre. Per questo spesso, in un latino definito conciso e lapidario, affida la sua protesta alle parole dei vinti, come Calgaco, capo ribelle scozzese, che dichiara: «Rubare, massacrare, stuprare [per i Romani] equivale a esercitare il potere e dove hanno fatto il deserto lo chiamano pace…». Ma il politico lucido e razionale accetta e sopporta le brutture cui assiste come si trattasse di terremoti o alluvioni, catastrofi naturali cui non c’è rimedio… E quando si imbatte in un uomo "all’antica”, il generale Gneo Giulio Agricola, suo suocero, si lega a lui con affetto filiale e, alla sua morte (avvenuta in circostanze sospette), gli dedica una dolente biografia.
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