Bruce Chatwin - L'alternativa nomade. Lettere 1948-1989 (2024)
«Perché divento irrequieto dopo un mese nello stesso posto, insopportabile dopo due?». Siamo nel febbraio del 1969: Bruce Chatwin ha rassegnato da tre anni le dimissioni da Sotheby’s e ha appena deciso di abbandonare gli studi di Archeologia. Nonostante l'iniziale entusiasmo e il talento dimostrato in entrambi i campi, si è convinto che «cambiare» sia «l’unica cosa per cui vale la pena di vivere»; per questo scrive una lettera all'editore Tom Maschler in cui abbozza le sue idee per una storia del nomadismo – argomento che sente quanto mai affine. Il titolo è già pronto: «L’alternativa nomade». Da questo momento in poi Chatwin si consacrerà al viaggio e alla scrittura, e se il libro che aveva progettato si rivelerà impubblicabile «l’alternativa nomade» diventerà la stella polare della sua vita. Una vita in perpetuo movimento, che avrà come corollario una corrispondenza smisurata, per la gran parte raccolta in questo libro curato dall’amico Nicholas Shakespeare e arricchito dalle note laconiche, affilate e amorevoli della moglie Elizabeth. Scritte a partire dai sette anni, destinate ai genitori, alla moglie e agli amici (tra i quali Patrick Leigh Fermor e Susan Sontag), battute a macchina sulla carta intestata di Sotheby’s, vergate con una Montblanc su fogli pregiati o scribacchiate su una cartolina con la matita spuntata di un hotel, queste lettere svelano su Chatwin molto più di quanto lui fosse disposto a lasciare trapelare dai suoi libri. Ma non compongono soltanto un’autobiografia involontaria: leggendole si ha semmai l'impressione di ascoltare la voce di un narratore naturale, di un cercatore di storie, capace di fare del suo impulso al mutamento e della sua inappagabile avidità di conoscenze un’opera d'arte.
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