Martin Heidegger - L'essenza della verità (2024)
Attraverso una magistrale e minuziosa interpretazione del celebre mito della caverna – in cui si narra della condizione dell’uomo, costretto fin dalla nascita nell’oscurità, e del suo rivolgersi, della sua «conversione» alla luce del sapere –, Heidegger mostra come con Platone l’idea di verità subisca un mutamento essenziale, in particolare rispetto alla figura che di essa si era delineata in Parmenide, e come tale mutamento segni l’inizio di un destino dal quale l’umanità è condotta, volente o nolente, fino alla tecnica moderna. Al tempo stesso egli chiarisce che la verità non è un «valore» che si lasci tranquillamente addomesticare in vista di un’arcadica edificazione dell’uomo – come vorrebbero le legioni dei neoumanisti –, ma piuttosto un evento in cui l’uomo mette in gioco tutto se stesso e che implica necessariamente il rischio della caduta, del fallimento, della «non verità». Così il pensare filosofico, che in tale cimento si dibatte a fatica, non è una disciplina specialistica o una tecnica, né una visione del mondo o un «valore culturale», bensì un radicale «domandare che trasforma l’uomo, nel suo esistere, dalle fondamenta».
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