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In una nuova edizione completamente rivista, aggiornata e ampliata, un piccolo classico sulla prigionia di Pound, oggi quanto mai attuale. Il volume è corredato da foto e documenti inediti. A partire dagli anni Trenta fino al 1945, il poeta americano Ezra Pound, visse in Italia. Vi ritornerà nel 1958 risiedendovi fino alla morte, avvenuta a Venezia nel 1972. Nel mezzo, tredici anni di prigionia: nel 1945 presso il dtc di Pisa, il campo delle forze alleate in Italia, in seguito all'accusa di alto tradimento per avere espresso dai microfoni di Radio Roma incitamenti antiamericani; dal 1946 al 1958 nel manicomio criminale di St Elizabeth. Nel campo prigionieri di Pisa, un "gulag della democrazia", come lo definisce Sanavio, le celle erano costituite da gabbie all'aperto, pressoché identiche a quelle che abbiamo visto nelle foto di Guantánamo, esposte alle intemperie, senza riparo dal sole di quell'estate drammatica e torrida. La cella di Pound, poi, era isolata dalle altre e al poeta, a differenza che ad altri detenuti, non veniva concesso di uscire per mangiare e sgranchirsi. In quella cella Pound scrisse gran parte dei Canti pisani, forse il suo capolavoro: molti testi vennero in verità composti a mente, ripetuti per ore e ore per memorizzarli, poi trascritti a macchina anche a giorni di distanza grazie a un infermiere compiacente. Nel manicomio criminale di St Elizabeth, in cui fu costretto dopo che i periti gli diagnosticarono l'infermità mentale, Pound rimase per dodici anni, conoscendo una stagione di grande creatività ma anche di enormi sofferenze: quando fu finalmente liberato, visse gli ultimi quattordici anni in Italia sull'orlo della follia, in preda a una depressione cronica e accessi psicotici. Sanavio, che conobbe personalmente e visitò più volte Pound negli anni di St Elizabeth, ed ammirò enormemente il poeta ma non certo le sue idee politiche, ricostruisce quegli anni con documentazione di prima mano, spesso inedita, e grande tensione narrativa; mostra come a Pound non si potesse contestare che d'aver espresso opinioni, per altro molto più moderate di quanto la pubblicistica statunitense, e gli stessi documenti d'accusa, volessero far intendere; tenta "da sinistra" di fornire un quadro equilibrato del fascismo e dell'antisemitismo di Pound (Pound fu senz'altro fascista, ma non antisemita, conclude Sanavio); descrive con precisione e vigore il "terrore del diverso" nell'America degli anni Cinquanta e come questo prendesse non solo la forma del maccartismo ma anche, più in generale, di un'omologazione culturale che non aveva precedenti nella storia di quel paese, e che lo ha segnato fino ad oggi.
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