Epub
Sono qui raccolte nove conferenze da me tenute, tra il 1974 e il 1981, davanti a un pubblico ogni volta diverso. Vorrei considerare questo volume un contributo a quella serie di libri dedicati alla pace, che sono stati pubblicati nella collana di attualità della Rowohlt Verlag a cura di Ingke Brodersen. Il tema dei presenti saggi è "Il diritto alla comunanza". Come altri parlano di "Minnie" (1) per designare qualcosa per cui non esiste più un termine appropriato, io qui mi servo della parola "Gemeinheit", sostantivazione dell'aggettivo "gemein" corrispondente al latino "comunis" che deriva dalla radice indoeuropea "mei", "scambiare, barattare". In origine, "mei" significava "ciò che è di scambievole spettanza di parecchi", senso che oggi ancora si ritrova in "Alm", pascolo, e in "All-me(i)nde", pascolo comunale, beni comuni, (2) che esprime il diritto di una comunità o collettività a una propria forma di fruizione dell'ambiente circostante. Ne è derivata l'accezione ""gemeinsam" (comune), "gemeinschaftlich" (comunitario, solidale), "allgemein" (generale)". Fino agli inizi del Diciassettesimo secolo, il vocabolo "Gemeinheit" (oggi, trivialità, volgarità) indicava esclusivamente questi diritti alla fruizione e i loro soggetti; (3) solo alla fine del secolo esso ha acquisito un secondo significato derogatorio, quello appunto che s'è detto, nonché profano, empio, banale, rozzo, basso, vile, eccetera. Il significato iniziale è andato smarrito, e la parola è sopravvissuta a tutt'oggi solo nel suo secondo significato. Nel mutamento di accezione che "Gemeinheit" ha subito nel periodo in questione, si riflette la trasformazione della condizione esistenziale.
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