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Nella fredda e piovosa estate del 1816, a soli diciannove anni e in attesa di un secondo figlio, Mary Shelley scrive la terrificante storia di un mostro, il primo “uomo artificiale” della storia letteraria. Ispirato al mito antichissimo dell’uomo creatore della vita, il racconto sostituisce al prodigio la chimica e la scienza, e si dipana intrecciandosi a riflessioni sui temi al centro del vivace dibattito speculativo di quegli anni: l’ambiguità della scienza, la paura della “diversità”, l’originaria bontà della natura umana, la “necessità” della bellezza, la riflessione sulle origini della vita. Frankenstein, il più celebre tra i racconti dell’orrore del primo Ottocento, ha largamente influenzato la letteratura
del genere e gode ancora oggi di una costante fortuna, testimoniata anche dalle innumerevoli imitazioni e dai celebri film che ne sono stati tratti.
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