Ninuzzu e Saro decidono di lanciarsi alla conquista di Palermo. Ma occupare i mercati del capoluogo siciliano è come espugnare una fortezza invincibile, dominata da capi mafia spietati e sanguinari. Ma i corleonesi, in quanto a efferatezza, non sono da meno dei loro colleghi cittadini e in più però hanno l'astuzia disperata dei viddani. Non hanno problemi a presentarsi ai palermitani come gli umili cugini poveri, i contadini da vestire e profumare. Ma sotto quel manto da pecora si nasconde una forza incontenibile e l'assoluta mancanza di scrupoli e dallo spregio delle regole dell'Onorata società. Ai corleonesi interessa entrare nell'establishment dei palermitani e riescono a insinuarsi lentamente tra le pieghe delle cosche. La loro brutalità supera ogni immaginazione. Impressiona persino gli stessi capi mafia. E questi non hanno esitazioni a far ricorso alle loro prestazioni di killer senza scrupoli quando, nei primi anni Sessanta, Palermo è dilaniata da una guerra tra famiglie. Questi loro servigi fruttano sinceri riconoscimenti, da parte dei capi della Cupola, in particolare quando Saro e i suoi compagni compiono una vera e propria strage della cosca di Michele Cavaterra, chiamato dagli stessi mafiosi il Cobra per la sua doppiezza e pericolosità. Dopo la strage i due capi corleonesi si separano: Ninuzzo va a Milano dove inaugura la stagione dei sequestri di persona, mentre Saro rimane a Palermo. Qui Saro, grazie all'ambiguità che lo contraddistingue, riesce a far fuori i capi della Cupola di Cosa Nostra: prima Di Clemente e poi l'intoccabile Tano Badaloni. Per impossessarsi di Cosa Nostra deve ora sconfiggere il più pericoloso tra i mafiosi: Stefano Bontà. Il confronto tra questi due giganti del crimine segnerà per molti decenni il destino della mafia e della nazione intera.
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