Marco Riccomini - Squilibrio (2024)
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Una raccolta di racconti originalissimi, in cui la scrittura pare come accarezzare il mistero di stati mentali sospesi. Uno stato catatonico visto da dentro è la singolare e incredibile prospettiva su cui si affaccia “Non riuscivo a crederci neppure io”, che fa da apertura alla silloge. Il presente, le emozioni, il ricordo, la visione si mescolano e si riflettono, si alterano a vicenda e vanno a comporre un mosaico narrativo discontinuo e affascinante. Attraverso alcune delle storie corre poi una sorta di sospiro comune, quello di un tempo ancora pieno della magia dell’infanzia, che si fa riconoscere come la dimensione perfetta in cui lasciar mescolare realtà e immaginazione. Qui la scoperta in sé fa da protagonista, su un orizzonte in cui le strette maglie della coerenza restano un po’ allargate dalla meraviglia. E proprio qui particolarissimi personaggi – tra cui il piccolo Asca, nelle cui mani tiene un filo rosso che attraversa diversi racconti, da “La miniera d’argilla” a “Il laghetto dei fichi verdini” – vivono avventure dalle tinte oniriche, che dolcemente si librano nella memoria per sfumare fin nella favola, e anche oltre. E poi “Passato dal futuro”, il racconto di una fuga, o meglio di un perdersi, in cui un ritmo serratissimo si intreccia alla veracità di un vernacolo toscano per raccontare una frenesia surreale che vortica sui confini del tempo. Su queste latitudini di ispirazione, non è più una coscienza ordinaria a tracciare una rotta certa, bensì altre suggestioni, fatte forse di libertà, di silenzi, di rimandi, di associazioni archetipiche, di fantasmagorie.