L'improvvisa partenza del padre e la sua prolungata, inspiegabile assenza, rappresentano per il giovane Dzsátá una dolorosa ferita: il vivido resoconto delle sue avventure nella Romania di Ceausescu riesce magicamente a comunicare al lettore la inumanità di un regime totalitario senza trascurare la poesia dell'infanzia. L'esordio di un giovane autore ungherese che riprende le fila di una grande tradizione che da Oliver Twist e Huck Finn, conduce ai ragazzi della via Pál. «Pungente ritratto della vita in una società totalitaria, Il re bianco è un romanzo brutale e allo stesso tempo delicato in modo disarmante». «The New York Times» Metà degli anni Ottanta in un'imprecisata città romena: tornando a casa da scuola, l'undicenne Dzsátá fa appena in tempo a salutare il padre scienziato che, gli dice, sta partendo per un lavoro urgente fuori città. Starà via una settimana, due al massimo, nel frattempo lui deve dare una mano alla mamma, essere l'uomo della famiglia. Passano i giorni, le settimane, i mesi: all'inizio arriva qualche cartolina, poi le notizie si diradano, tendono a scomparire del tutto.
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