Certi viaggi hanno l’obiettivo segreto di «estraniarti dalle tue origini», «scardinarti l’esistenza»: «soltanto allora sei stato veramente via, così altrove da essere forse diventato un altro», scrive Cees Nooteboom, infaticabile esploratore di culture, riguardo al paese che conserva per lui un fascino unico: il Giappone. Cerchi infiniti raccoglie i suoi testi più illuminanti su quarant’anni di viaggi attraverso i paesaggi, le architetture, la poesia e la storia del Sol Levante. Dalle metropoli avveniristiche di Tokyo e Osaka alle antiche città imperiali di Kyoto e Nara, dalle incisioni di Hokusai e Hiroshige al teatro kabuki, il rapimento mistico e intellettuale dei giardini zen, quella coesistenza intrecciata di buddhismo e shintoismo nei templi e nei riti millenari che scandiscono ancora il calendario nelle campagne. Viaggi accompagnati dalle pagine di Kawabata, Mishima, Tanizaki, ma soprattutto dalle Note del guanciale di Sei Shōnagon e dalla Storia di Genji di Murasaki Shikibu, il primo romanzo della storia, che ritrae il raffinamento estremo a cui giunse l’isolata corte di Heian nell’XI secolo. Con la sua capacità di cogliere le sfumature più sottili, accendere connessioni, stimolarci a vedere con altri occhi e a rapportare il particolare all’universale, Nooteboom ci immerge nell’esperienza della scoperta, della bellezza e della sfida che il Giappone continua a rappresentare per l’Occidente: possiamo arrivare a conoscere veramente una cultura così lontana da noi? Ma è proprio nel confronto con l’altro che il viaggio diventa una ricerca sul fondo comune della condizione umana, un pellegrinaggio interiore per interrogarsi su se stessi.
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