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Pubblicato nel 1927, "Essere e tempo" non è solo il libro cui si deve principalmente la fama filosofica di Heidegger, ma è anche una delle opere più importanti della filosofia del Novecento, perché mira a una reimpostazione di tutta la ricerca filosofica, dalla nascita stessa della filosofia fino a oggi. Essa intende risvegliare la comprensione di quel problema del senso dell'essere che, dopo i suoi esordi nella Grecia classica, ha finito per oscurarsi nella storia della metafisica a causa del primato implicito assegnato a una sola dimensione temporale, quella della presenza. Poiché la domanda sull'essere è tipica dell'uomo e solo l'uomo se la pone, si tratta per Heidegger di analizzare in primo luogo l'esserci" dell'uomo. Ma ciò comporta altresì di effettuare una riconcettualizzazione dell'intero lessico ereditato dalla tradizione filosofica, da Platone e Aristotele a Kant e Hegel, anche alla luce delle recenti acquisizioni delle filosofie di Dilthey e di Husserl. La traduzione che qui si presenta, di Alfredo Marini, restituisce la complessità e la radicalità del testo heideggeriano ed è profondamente innovatrice rispetto a quella precedente di Pietro Chiodi, ancora legata a una lettura "esistenzialistica".
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