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Lavorare senza essere pagati: un’usanza che per molti, specie all’inizio, rappresenta il pegno da pagare per accedere al mondo del lavoro. Ma se, anziché essere una tappa obbligata, fosse una scelta consapevole o, peggio, il frutto di un’ossessione? Se là fuori, cioè, ci fossero delle persone che lavorano per il semplice piacere di farlo, di recarsi ogni giorno nello stesso luogo, indossare una divisa e, per otto, nove, dieci ore, mescolarsi ad altri al solo scopo di dare un senso alle proprie giornate, sapremmo riconoscerle? Sapremmo capirle? Sapremmo narrare le loro storie? Robledo racconta di questi spettri, della loro caparbia determinazione, dei loro deliranti “percorsi di liberazione” e lo fa a partire dalle tracce che si sono lasciati alle spalle: notizie di cronaca, interviste, biglietti d’addio, pagine di diario che la loro organizzazione, nata per necessità, ha via via generato. Questo libro, però, è anche la storia di Michele Robledo, del primo che ha parlato (e forse inventato) il loro mondo, i loro volti, le loro utopie. Oscuro, grottesco, feroce, poetico, questo originalissimo romanzo dà corpo a un nuovo modo di spiegare le contraddizioni della società in cui viviamo, interrogando il lettore a ogni pagina e spiazzandolo, perché, come afferma lo stesso protagonista: Ogni versione è ugualmente plausibile. Tutte, però, possono essere confutate, e nessuna smentita del tutto. A chi credere, dunque? Di chi diffidare? «Leggete Bolaño e Foster Wallace e poi dimenticateli. Si rifaranno vivi loro buttando giù la porta delle pagine di Zito». Andrea Bajani Su La solitudine di un riporto hanno scritto: «Il titolo non è gradevole ma il romanzo lo è assai. Ed è affollato di citazioni d’atmosfere o di stili, tra specchi pirandelliani, amori alla García Márquez, allucinazioni alla Paul Auster». Ida Bozzi, «La Lettura» «L’esordio di Daniele Zito, trentenne siciliano, si può definire inaspettato. E racconta una storia stralunata a cominciare dal titolo. Leggetelo, ne rimarrete fulminati». Caterina Soffici, «Il Fatto Quotidiano» «I libri, l’amore viscerale per la letteratura, innervano questo romanzo anarchico, esibitamente scorretto». Andrea Bajani, «Il Sole 24 Ore» «La sagace fame di letteratura che ne divora le pagine basterebbe da sola a fare dell’esordio di Daniele Zito un livre de chevet splendido ed eroico». Giacomo Verri, «l’Unità» «Fin dal prologo, tre paginette fulminanti, gli amanti del divano non vorranno più saperne di rialzarsi». Laura Pezzino, «Vanity Fair»
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