Giovanna Parravicini - La “Madonna Sistina” di Raffaello (2024)
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Per la cultura russa la celebre tela di Raffaello, esposta nella pinacoteca di Dresda, è sempre stata molto più di un capolavoro artistico: “non un quadro, ma una visione” creata “non per gli occhi, ma per l’anima”, come la definì il poeta Vasilij Žukovskij. Attraverso la Madonna Sistina Raffaello è assurto, da almeno due secoli, a simbolo dell’unità culturale che ha dato i natali all’Europa.
La Madonna Sistina compare ripetutamente nelle opere di Dostoevskij, il quale si raccoglie sovente in preghiera davanti alla riproduzione che ne ha nello studio; suscita l’inquietudine di Lev Tolstoj; tocca il cuore di un brillante economista marxista, Sergej Bulgakov, futuro grande teologo ortodosso. E quando nel 1955 il dipinto viene esposto al Museo Puškin di Mosca prima di essere restituito alla Germania, a cui era stato sottratto come bottino di guerra, agli occhi di alcuni grandi scrittori e interpreti della tragedia staliniana – Varlam Šalamov e Vasilij Grossman – la Vergine e il Bambino divengono il volto di milioni di vittime innocenti e un segno certo dell’insopprimibilità dell’umano nell’uomo.