Le cosiddette Teorie sul plusvalore (Theorien über den Mehrwert) sono spesso frettolosamente indicate come il IV libro del Capitale. E rappresentano in effetti il materiale inedito per quel progettato IV libro, che Marx non riuscì mai a finire. L’intento del libro conclusivo era di far seguire alla teoria originale esplicata nei primi tre libri un’accurata storia del dibattito teorico svoltosi tra i suoi predecessori. Ma all’interno di questa dotta analisi troviamo fra l’altro un brevissimo paragrafo, tre paginette scarse nell’edizione Kautsky, che a suo modo riesce esilarante. Perché, capovolgendo la sprezzante immagine che solitamente ne diffonde una mentalità ipocritamente perbenistica e insieme il suo ostentato atteggiamento di esecrazione, interpreta il fenomeno sociale della delinquenza ovvero della criminalità come un fenomeno eminentemente positivo: positivo anche e soprattutto sul piano economico, sul piano della produttività. La delinquenza, si direbbe oggi, fa PIL. Più di quelle attività economiche che appaiono formalmente oneste. Il discorso è paradossale, indubbiamente, in rapporto alla mentalità convenzionale. Ma in pari tempo ha pure, non neghiamolo, una sua letterale verità. Cui molti analisti al giorno d’oggi, senza citare Marx, mille volte portano conferme; quando sottolineano ad es. che dietro l’incessante traffico di droga o di armi non ci sono mai semplicemente i grandi fuorilegge, ma forze ben più organiche ed intrinseche alla società costituita.